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Gigi Morbelli: il pitùr

 

 

ORSARA BORMIDA

Storia del paese

Il paese dominato dal castello: panorama dalla Lodrona

 

 

 

L’antico nome Ursaria può essere ricondotto a terra di orsi che nel lontano passato popolavano il territorio e trovavano habitat ideale in anfratti naturali e grotte di tufo e di roccia assai diffuse ancora oggi nel territorio.

L’origine del nucleo abitato potrebbe risalire al secondo secolo dell’età romana, quando la via Aemilia che passava nella piana sottostante poteva favorire un insediamento stabile e sicuro , data la posizione di strategico dominio che la rocca orsarese esercitava sul territorio circostante fino a Sezzadio.

Il territorio fino al basso medioevo fu ricoperto da un immensa foresta , solcata da torrenti e percorsa da impervie mulattiere: solo dal XIII secolo subentrarono coltivi di campi , prati,orti e vigneti.

Citato nel documento di fondazione dell’Abbazia di San Quintino nel 991, ed in un diploma di Arrigo I nel 1014, il borgo di Orsara ebbe nella Chiesa di San Martino nel 1276 la sua prima parrocchia ed un’organizzazione comunitaria;il castello, l’antico castrum, risale all’XI secolo ed è citato nel documento di donazione di San Guido alla Chiesa Acquese.

Fu feudo dei Signori Malaspina fino al 1530, poi passò come dote di Violante Malaspina ai conti Lodrone fino al 1598 ed infine ai conti Ferrari che ne mantennero l’investitura fino alla fine del feudalesimo e la proprietà del castello fino al 1922.

Il castello , profondamente trasformato nel corso dei secoli fino a divenire da torre di avvistamento abitazione signorile, passò allora in proprietà del marchese Cesare Staglieno, poi dei Signori Capo, provenienti dall’Argentina e nel 1951 fu acquistato dagli attuali proprietari , signori Remondini di Genova.

 

I conti Ferrari possedendo vasti appezzamenti di terreno anche nel territorio di Rivalta vi fecero costruire le due cascine Valle di Sopra e di Sotto e le munirono di filande per la canapa coltivata nella proprietà . Uno degli ultimi discendenti dei Ferrari, l’ing.Giuseppe, rimaneggiò il castello costituito dalla torre quadrata e da un piccolo corpo di fabbrica ad essa addossato , costruendo l’imponente corpo anteriore con un’altra torre ottagonale.

Come sindaco di Orsara dal 1896 al 1902 si adoperò per migliorare le condizioni di vita del paese mediante l’esecuzione di parecchie opere pubbliche e sostenne il progetto di costruzione della linea ferroviaria Cremolino –Orsara-Alessandria (poi non attuata), convinto della sua valenza per l’incremento della commercializzazione dei prodotti agricoli e del vino. Ideò e fece edificare la chiesa di San Sebastiano e la cappella cimiteriale di famiglia che oggi è destinata ai parroci del paese.

 

Orsara dal 1600,oltre ad essere feudo dei Ferrari , è una comunità in via di affermazione e di organizzazione autonoma, in grado di contenere il potere esclusivo del feudatario.

E’ il comune infatti, in epoca di saccheggi e distruzioni, di epidemie come peste e colera che decimavano la popolazione, a creare i servizi indispensabili ad una ordinata convivenza. I consiglieri , benestanti detti ‘particolari’, pur se ancora analfabeti , si preoccupano dell’istruzione dei propri figli: assumono come maestro di scuola, un chierico che insegni la grammatica ed a scrivere.

Il Comune cede a mezzo incanto o a titolo gratuito per il servizio ai cittadini sue proprietà immobiliari: il mulino, il forno ubicato nell’attuale via Sottoripa,il macello,l’osteria, la barberia, la fucina del maniscalco allora anche veterinario;organizza e regolamenta la fiera di San Martino e la vendita dei maialetti, il traghetto per oltrepassare Bormida, la brenta ufficiale per la misurazione del vino.

Nel corso del settecento e dell’ottocento la comunità crebbe fino a sfiorare i duemila abitanti;poi iniziò il lento declino demografico dovuto all’emigrazione verso l’America.

La gente conservò le tradizioni degli avi: le feste collettive anche in occasione di ricorrenze religiose, la frequentazione dell’osteria centro pulsante di vita specie dei contadini o della ‘cattolica’centro dei proprietari, o ancora, in epoca recente, il Caffè aperto sulla piazzetta della Madonnina al centro del borgo. Qui si discuteva dei fatti del giorno , si ricordavano compaesani scomparsi sui vari fronti di guerra, chi se n’era andato in cerca di fortuna o almeno di una vita meno grama; si giocava a carte, si partecipava talora alla rituale conclusione culinaria della serata a base di buseca.