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TERZO

  

 

 

STORIA

PARTE SECONDA

 

Alcuni vini d.o.c. delle terre acquesi: brachetto, dolcetto, barbera, moscato.

 

Il brachetto d’Acqui: Terzo fa parte dell’area di produzione di questo importante spumante dal colore rubino, molto apprezzato ed esportato.

Del resto, il piccolo paese stava sempre più crescendo, grazie allo sviluppo delle attività economiche, connesse anche alla fortuna degli impianti termali e turistico ricettivi della vicina Acqui; la crescita demografica e l’intensificazione dei rapporti commerciali e delle attività produttive richiedevano sempre più cereali e legumi, i cui prezzi erano sempre più in ascesa e stimolavano l’espansione delle coltivazioni, che subirono comunque variazioni: si ridusse la presenza dei noci, il cui olio venne sostituito dall’olio di oliva importato dalla Liguria, ma fu sempre più esteso l’impianto del gelso, connesso con la produzione della seta.

 

Un torchio simboleggia il settore agricolo più importante di Terzo

 

Soprattutto fu la vite a conquistare tutte le aree di collina, parallelamente ad un’ulteriore polverizzazione della proprietà contadina e ad una dispersione degli insediamenti sul territorio, caratterizzati da quelle particolarità architettoniche ancor oggi testimoniate dalle case contadine tuttora esistenti. Tale fenomeno coinvolse anche la Piana, ove, soprattutto nel corso del Novecento, gli antichi mezzadri e famiglie contadine di nuovo insediamento sostituirono i grandi proprietari terrieri.

Anche il concentrico subì cambiamenti significativi: dopo l’incendio degli Alemanni alla fine del Seicento, le case che ancora circondavano il castello furono progressivamente abbandonate e l’abitato si ampliò lungo le vie in cui erano state innalzate case già in periodo tardomedievale, estendendosi ben oltre la Via Maestra e la Via Larga (attuale Via Gallaretto) con abitazioni sempre più comode e dotate di cortili, orti e portici.

Panoramica dalla torre

La popolazione terzese, costituita soprattutto da agricoltori, superava negli ultimi due secoli la condizione di miseria in cui era vissuta per secoli, divenendo proprietaria dei poderi, espandendo le coltivazioni, soprattutto della vie, aumentando il reddito: sempre meno Terzesi rischiavano di perdere ogni bene, finendo per divenire "gingali", nomadi, o mendicanti, sempre meno Terzesi erano costretti ad emigrare in cerca di lavoro, sempre di più dientavano "particulari" e con il possesso della terra potevano anche partecipare alla vita sociale della comunità ed all’amministrazione del Comune.

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Terzo è sede di un importante caseificio