EMILIA

Abbiamo intervistato la signora Emilia Olivieri ed il figlio Giacomo di Abasse, che ospitandoci, durante una visita guidata, ci hanno gentilmente illustrato il metodo con cui veniva fatto il formaggio una volta, utilizzando il caglio naturale.
La signora Emilia è una delle poche persone che utilizza ancora il caglio naturale per fare la robiola. La sua produzione è destinata ad un consumo famigliare.

Il caglio naturale viene estratto dall'abomaso: il quarto stomaco del vitello.  All'interno dell'abomaso troviamo del latte parzialmente digerito. Per ottenere il caglio si asporta con un cucchiaio un po' della sostanza all'interno del quarto stomaco, e la si diluisce con acqua e siero. Una volta diluito il caglio si conserva per non più di qualche giorno in frigorifero. L'abomaso di vitello è ormai quasi irreperibile e ha un tempo di conservazione che può superare i tre anni, dato che il latte parzialmente digerito all'interno si secca.

La signora Emilia ci ha mostrato tutte le fasi attraverso cui si giunge alla produzione della furmagetta. Il figlio Giacomo si occupa della mungitura delle capre, operazione che avviene due volte al giorno (mattina e sera). Tutte le operazioni successive vengono eseguite da mamma Emilia.

Il latte viene lasciato riposare, per almeno due ore dopo la mungitura, in modo che si raffreddi. Quando il latte ha raggiunto la temperatura adatta si ripartisce in pignatin (contenitori cilindrici in plastica della capienza di 2 litri). Una volta che il latte è nei pignatin, la signora Emilia aggiunge il caglio, per ogni contenitore una punta di cucchiaio, mescolando bene in modo che il tutto si sciolga omogeneamente; la dose di caglio varia in base alla quantità di latte di cui si dispone. A questo punto il latte con il caglio viene lasciato riposare per circa dodici ore, al termine delle quali, grazie all'azione del caglio, il siero rimane sul fondo del pignatin, mentre la parte solida del latte galleggia al di sopra di questo. Successivamente il contenuto del pignatin viene versato in forme di alluminio munite di fori nella parte inferiore. I fori permettono l'eliminazione delle scorie e del siero. Si lascia nuovamente riposare ed a intervalli di circa due-tre ore, la signora Emilia gira il formaggio e lo sala.Quando tutto il siero è scolato via, il formaggio viene messo ad asciugare, sopra un telo bianco di lino che viene disteso sopra il tavolo. Sul panno il formaggio cede quel poco di umidità che vi era rimasta all'interno. Dopo un giorno le furmagette sono pronte per essere consumate.

La produzione della signora Emilia è di circa quattro- cinque formaggette al giorno e nella sua stalla possiamo trovare quattro deliziose caprette, che nel mese di febbraio marzo, sono circondate da una decina di piccoli.

Giacomo ci tiene a precisare come la furmagetta richieda molta pulizia. Infatti dopo ogni operazione, i pignatin, le forme bucate e tutto ciò che viene utilizzato per la preparazione del formaggio, viene sterilizzato in acqua bollente e poi ancora successivamente lavato.

Giacomo inoltre ci racconta di come faccia stagionare alcune formaggette dentro ad una specie di gabbia di legno, fatta con rami di castagno, che viene appesa sopra la stufa.