Una finestra a Vereira

VEREIRA

 

Il  borgo abbandonato di Veirera sorge al margine di un pianoro, in parte creato artificialmente con opere di arginatura e di riempimento. Ai bordi del nucleo abitato sono ancora visibili i resti di alcuni alberi da frutto; l’ampio prato antistante il villaggio ospitava un tempo le colture che garantivano il sostentamento alle famiglie del borgo che vi abitavano. Il toponimo Veirera è piuttosto comune sui versanti dell’Appennino ligure ed indica l’antica presenza di vetrerie.

 

 

 

L’attività vetraria acquistò una notevole importanza in Val Stura, a partire dal secolo XIII, quando la valle, con sette vetrerie, divenne uno dei maggiori centri produttori dell’Appennino settentrionale. Altre vetrerie sorsero per iniziativa dei monaci cistercensi di Tiglieto nella Val Orba.   Anche il villaggio di Veirera ha avuto origine in relazione all’estrazione della quarzite,

materia prima fondamentale per la produzione del vetro.

 

 

 

L’attività era svolta forse stagionalmente;

gli impianti, di ridotte dimensioni, erano collocati non lontano dal corso d’acqua e circondati da boschi, talvolta in luoghi isolati rispetto alla rete viaria principale.

In Valle Stura la quarzite utilizzata viene denominata - pietra turchina -, dal principale luogo di estrazione, il Monte Turchino, ove le cave sono state sfruttate sino a periodi recenti.

Altre materie prime necessarie come

 

 

fondenti erano la cenere di legna e la calce. Quest’ultima veniva prodotta da fornaci localmente sia nella valle, che a Badia, Martina e Acquabianca. 

Con il XV secolo nel comprensorio del Beigua questa attività cominciò a declinare, mentre si andava affermando il vetro di Altare, in Val Bormida

 

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Un senso di malinconia

 fra le rovine del

borgo abbandonato

 

 

 

Strani arnesi alla rinfusa

 fra le macerie

 

 

Un’ antica apparecchiatura