A Magnone la Chiesa di
San Salvatore sembra proteggere le casette circostanti come una chioccia la
covata; l’ampio sagrato dalla balconata a perpendicolo sul mare, offre uno spettacolare
scenario di picchi rocciosi e di morbidi colli, di terre antropizzate che
alternano tetti di lavagna e muri in pietra o in tinta pastello, a brevi
coltivi di vigneti a palizzata senza fili.
In una giornata assolata di inizio Marzo, orticelli di carciofi e
camini fumanti danno uno strano stordimento, evocando una placidità di vita
ritmata dal tempo e dalla natura, dove la frenesia della modernità non ha
spazio. Qui,
entrati in una dimensione di solitudine, si ascolta come inebriati la musica
della natura: i suoni che segnano i suoi eterni ritmi di vita, il vento che
fa da colonna sonora, riempie gli spazi e regala fruscii lievi delle foglie,
i battiti d’ali incerte, i ronzii di insetti precoci.
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Le vigne senza filo: l’entroterra ligure custodisce gelosamente questa antica pratica colturale ormai in via di sparizione. Si tratta di impianti senza l’uso di fili, sostenuti unicamente da fitta paleria in legno di castagno, resistente alla marcescenza. La disponibilità del legname è offerta dai boschi di castagno che qui condividono gli spazi con la lecceta mediterranea, in un’ inconsueta associazione vegetazionale. Le genti liguri da sempre hanno avuto una vocazione per la vite, spesso per integrazione familiare. Le produzioni non sono state mai di grande quantità, ma sufficienti per soddisfare le necessità locali e fondamentali per creare gli abbinamenti enogastronomici di cui la Liguria va fiera. La cucina regionale privilegia l’uso del vino anche già al momento della cottura o come tocco finale, ad esempio, per molti piatti di pesce. Oggi il vino doc del Ponente si chiama Riviera Ligure di Ponente con varie sottodenominazioni che fanno riferimento ai vitigni principali: Pigato bianco, Vermentino bianco, Rossere rosso, Ormeasco rosso.
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Particolare
di vigna senza fili - Magnone |
Paleria
tratta da bosco ceduo di castagno - S.Lorenzo di Magnone |
La
sensazione dominante durante il breve percorso fino alla Pieve dal tetto centinato
di S. Giacomo e oltre, sulla mulattiera a mezza costa tra lecci e castagni
(stesa ad anello nella vallecola interna con visuale sul bastione trasversale
della Rocca di Corno a protezione
della Val Ponci dalle folate di tramontana), è quella di possedere con la
propria fisicità il mondo circostante, contenendolo tutto con lo sguardo:
l’azzurro del cielo, il rosso del suolo pietroso, i verdi dalle infinite
sfumature del fitto bosco che avvolge il sentiero, il grigio-fumo di un
camino e quello quasi dorato di un covone abbandonato dietro una ripa.
Ovunque si giri lo sguardo, sempre un piacere edenico, dimenticato, prende
l’animo. Qui la vita affannata è lontana, assente; il piede avidamente
procede sul sentiero di terra rossastra che s’incunea nella macchia mediterranea fitta. Ad ogni svolta la
natura cambia abito, come per calamitarci con un colore verde che contiene
tutti i verdi, con un silenzio totale ed austero cui volentieri ci si
abbandona, come un privilegio raro, con la sensazione che il tempo sia fermo
e lo spazio ci avvolga protettivo e
simbiotico. |
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Veduta sulla verde Val Ponci, chiusa dal massicio calcareo della Rocca di Corno,, dal sentiero attrezzato nei pressi della chiesetta di S. Lorenzo (sotto)
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La macchia mediterranea: un trionfo di odori e colori è fornito dalle specie arbustive adattate agli effluvi marini portatori di salsedine. Il mirto, il lentisco, il timo odoroso, l’erica arborea e la calluna sono solo alcuni esempi di essenze abituate alla forte aridità estiva e a terreni frugali. Nella realizzazione dell’articolo ci siamo spinti lungo l’itinerario, attrezzato anche per non-vedenti, che parte dalla bianchissima chiesetta di S.Lorenzo presso Magnone. Camminando si rimane avvolti da arbusti sempreverdi che già da febbraio mostrano i loro fiori per perpetuare velocemente la specie, prima del grande caldo estivo.
Sopra: euphorbia a sinistra ed erica a destra
Sotto: foglie di leccio
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